Agricoltura, Europa
NON C’È NESSUNA CRISI ALIMENTARE, NOI CITTADINI PAGHIAMO LE SPECULAZIONI DELLE LOBBY DELL’INDUSTRIA DEL #FOOD
“A questo punto riteniamo che all’interno dell’Ue non ci siano minacce nell’immediato per la sicurezza alimentare perché siamo grandi produttori di cereali”. Lo ha detto Miriam Garcia Ferrer, portavoce della Commissione europea, in un briefing con la stampa. E lo sostengono anche gli esperti che conoscono bene il settore agroalimentare europeo. Da settimane, con lo scoppio della guerra in #Ucraina, le grandi lobby dell’industria dell’agrifood (e i politici a loro vicini) ci dicono che rischiamo di restare senza #grano e senza #cereali, che gli #allevamenti resteranno a secco di mangimi, che le nostre produzioni saranno messe in ginocchio per la carenza di fertilizzanti chimici. Il tutto perché Russia e Ucraina potrebbero interrompere le loro forniture. E mentre lo dicono, i prezzi aumentano, toccando record mai raggiunti prima, come nel caso del grano, che ha superato anche i 400 euro a tonnellata sulla borsa di Chicago. Ma cosa c’è di vero in tutti questi allarmi? Prendiamo il grano: sapete chi è il primo produttore al mondo di grano? Non è la Russia, né l’Ucraina, ma l’Unione europea. Certo, per sostenere la nostra alimentazione abbiamo bisogno anche di importarlo. Ma Russia e Ucraina esportano oltre il 90% del loro grano in Africa e in Asia, da noi arrivano quote irrisore. In Italia, mettendo insieme grano ucraino e russo, arriva meno del 2% di quello di cui abbiamo bisogno. Il 70% ce lo produciamo da soli, e il resto lo prendiamo da Francia, Canada e Ungheria soprattutto. Quindi, dove sta l’emergenza? Non ci sta, tanto che la Francia sta pensando di vendere il suo grano all’Egitto che rischia di rimanere a corto delle forniture russe e ucraine.Eppure, il ministro Patuanelli e il suo sottosegretario Centinaio usano una finta crisi per chiedere all’Ue di bloccare quelle poche misure di sostenibilità ambientale della nuova Pac. “Dobbiamo garantirci la sovranità alimentare”, dicono. E questo, tradotto, vuol dire stop ad aree verdi, più pesticidi, e continuare a destinare il grosso dei finanziamenti europei agli allevamenti intensivi. Non si tratta di un’ipotesi mia, ma di quello che ha espressamente chiesto la commissione Agri del Parlamento europeo in una lettera a Bruxelles. La verità è un’altra. Se davvero ci teniamo alla nostra sovranità alimentare, bisogna non solo applicare la #Pac, ma andare anche oltre, come abbiamo chiesto a più riprese noi Greens al Parlamento europeo, restando purtroppo inascoltati. Un’agricoltura più sostenibile e meno legata a pesticidi e fertilizzanti chimici sarebbe meno dipendente, per esempio, dagli input sintetici, che sono prodotti in gran parte utilizzando gas russo, e quindi permetterebbe di costruire davvero la nostra sovranità alimentare e politica.Inoltre, ritardando l’azione sugli obiettivi su clima e biodiversità, aumentiamo i rischi nel lungo termine. Il rapporto dell’IPCC ci dice che un terzo della terra agricola mondiale non sarà più adatta all’agricoltura entro il 2100 se non interveniamo. Questo vale anche per l’Europa, e l’obbligo di trasformare in aree verdi una quota pari al 5% dei terreni oggi coltivati in modo intensivo, come previsto dalla Pac, serve proprio a rendere più resilienti i nostri terreni per non trovarci con campi non più produttivi. Sventolare poi lo spettro dell’aumento dei prezzi per le famiglie più povere, come stiamo vedendo in questi giorni, è una mistificazione bella e buona. La nuova Pac, che è comunque a nostro avviso insufficiente, partirà nel 2023. Se oggi la pasta è più cara, come dicevo prima, la colpa è delle speculazioni, e su di esse bisogna agire. Magari accertando eventuali responsabilità di chi oggi fa allarmismo sulla pelle (e sulle tasche) dei consumatori.
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