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il futuro dell’Unione europea deve passare da un radicale e profondo processo di cambiamento che chiedono sempre di più i cittadini europei. I segnali ci sono tutti: i partiti dell’establishment che si identificano nelle famiglie politiche dei Socialisti e dei Popolari perdono ovunque in Europa e perderanno anche nelle prossime elezioni europee. L’Italia è capofila di questo processo di cambiamento. I cittadini sono stufi di austerity, corruzione, ingiustizie, privilegi e sprechi. Grazie alle risorse messe a disposizione dalla rete si sono uniti e, dal basso, hanno pacificamente conquistato in pochi anni il governo del paese e mandato a casa una casta politica sorda alle esigenze dei cittadini. Le faccio un esempio di cosa comporta questo cambiamento: in Italia, in passato, le manovre economiche erano sinonimo di macelleria sociale in nome della stabilità dei conti pubblici. Oggi invece noi restituiamo risorse e dignità ai cittadini, puntando sullo sviluppo e sull’occupazione. Con la manovra italiana riduciamo il debito attraverso la crescita trainata dagli investimenti e dai tagli agli sprechi, abbiamo tolto i vitalizi ai politici e finanziato il reddito di cittadinanza – che la Finlandia conosce molto bene. Il reddito di cittadinanza è di fatto una manovra economica a sé stante, finalizzata non all’assistenzialismo ma alla riconversione della forza del lavoro. Il nostro obiettivo è ridurre la povertà, in Italia ci sono oltre 5 milioni di poveri; permettere l’acquisizione di nuove competenze professionali a chi è fuori dal mercato del lavoro e creare quindi occupazione. Gli imprenditori avranno risorse umane qualificate funzionali alle loro esigenze, avranno anche degli sgravi dalle assunzioni; il reddito rilancerà il consumo interno. Vogliamo rendere più forte l’Italia in un’Europa unita e solidale ma anche nel mondo. Vogliamo davvero rilanciare l’Europa? Allora smettiamola con l’ipocrisia e cambiamola, davvero! I cittadini vogliono i fatti. L’Europa deve essere protagonista nello scenario mondiale e parlare con una voce forte e unica. Serve, ad esempio, un seggio per l’Unione europea nel Consiglio di sicurezza dell’Onu. Invece, con la firma del trattato di Aquisgrana, Merkel e Macron disegnano la loro Unione del futuro; una superpotenza in cui però i conti sono pagati da 27 e le decisioni, però si prendono in 2, escludendo, con buona pace dei trattati della democrazia, 500 milioni di cittadini europei dal processo decisionale. Io vi ricordo che due debolezze non fanno una forza; un’Europa telecomandata da Berlino e Parigi è esattamente l’antitesi rispetto alle istanze che i cittadini chiedono all’intero continente. L’Italia è la terza economia dell’eurozona, ma non ambisce a pretese egemoniche, al contrario punta ad essere garante della coralità delle decisioni e del pluralismo. Mai come oggi, è necessario ribadire l’importanza di un asse politico che si opponga a questo indebito accentramento di potere che svuoterebbe di significato il dibattito dentro le istituzioni. A questo dirigismo, noi contrapponiamo la partecipazione e il coinvolgimento dal basso. Tutti devono avere pari dignità a Bruxelles. Le istituzioni europee vengono percepite come distanti dai cittadini, è vero. A questo deficit di democrazia si dovrebbe rispondere non arroccandosi nel palazzo, ma dando il potere di iniziativa legislativa e maggiori poteri di controllo e l’indirizzo politico all’unica istituzione europea direttamente eletta dai cittadini: il Parlamento europeo, appunto. L’Europa vuole cambiare? Allora abbandoni le politiche di austerity che portano a tagli a istruzione, sanità, pensioni e diritti. Invece, nonostante le finte autocritiche di Junker sull’austerità, la strada intrapresa è sempre la stessa. Faccio a tal proposito un appello a tutti voi, colleghi: blocchiamo la macro condizionalità economica. Mettere sanzioni o sospendere i fondi europei a uno Stato membro perché non rispetta il diktat di Bruxelles significa penalizzare ancora di più le regioni e i cittadini. I fondi europei sono risorse fondamentali per lo sviluppo dei nostri territori e per la lotta al dissesto idrogeologico, ad esempio, tagliarli significherebbe colpire loro. L’Europa può cambiare se sta dalla parte dei cittadini e se a loro dà delle risposte e non sberle.
Interventi e contributi alle discussioni -
Vogliamo l’Europa dei cittadini e non dell’austerity
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