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In questi giorni è scoppiato il caso dell’articolo del Milleproroghe 2021, prima presentato e poi ritirato, che avrebbe voluto lo stop totale a nuove concessioni di trivelle per gas e petrolio sia per mare che per terra.
Da lì, giù con le accuse di palese cedimento del governo alle lobby del fossile, falsità sui termini di fine proroga. Ma, come al solito, la confusione regna sovrana tra arrampicate sugli specchi e ricostruzioni giuridiche arzigogolate, rassicurazioni di Ministri e parlamentari.
Vediamo allora di che parliamo, ma prima ecco una breve cronologia.
- Secondo il DL semplificazioni del 2018 (DL 135/2018 convertito in Legge 12/2019*) il PiTESAI, Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee, deve essere adottato entro il 13 agosto 2020. Con un emendamento al DL milleproroghe di febbraio 2020 (firmato Cillis, Vianello, Macina ed altri) è stata modificata la citata Legge 12/2019, portando al 13 febbraio 2021 il termine per l’approvazione del PiTESAI, mentre la moratoria (sospensione sia dei nuovi permessi di prospezione o di ricerca di idrocarburi che quelli in essere) slitta al 13 agosto 2021.
QUINDI ENTRO 13 FEBBRAIO 2021 SI DEVE APPROVARE PiTESAI, MA IL MISE NON PUÒ RILASCIARE NUOVI PERMESSI O FAR RIPRENDERE ATTIVITA’ AGLI ESISTENTI FINO A 13 AGOSTO 2021. Vedi immagine e link.
- Nel testo del Dl “Milleproroghe 2021”discusso in Consiglio dei Ministri, su iniziativa del Ministro Costa e Patuanelli in Consiglio dei Ministri all’art.20 era previsto lo stop definitivo alle trivelle. Ma nel testo uscito dal Consiglio dei Ministri tale norma è stata stralciata, il motivo addotto è l’estraneità della materia, in quanto non una proroga ma uno stop per sempre. (Vedi immagine).
- Ma il Piano a che punto è?
E i milioni messi a preventivo come sono stati usati? Qui gli aggiornamenti al 26/5/2020 : https://temi.camera.it/leg18/temi/interventi-in-materia-di-prospezione-ricerca-e-coltivazione-di-idrocarburi.html.
Una parola sullo strumento “Ordine del Giorno”: è strumento senza alcun vincolo ma piuttosto una richiesta di impegno da parte del Parlamento nei confronti del Governo. Insomma …un OdG non si nega a nessuno. Tanto è vero che nel febbraio 2020, il Governo ha accolto l’ordine del giorno Benamati-Pd 9/0235 AR/187 con il quale si impegna l’Esecutivo a valutare l’opportunità di mettere in essere ogni azione possibile per assicurare il rispetto della tempistica prevista per la realizzazione del PiTESAI e a far sì, udite udite, in caso che il termine di realizzazione del PiTESAI non venga rispettato e si vada quindi oltre i trenta mesi di moratoria previsti dall’art. 12, comma 4-bis, del D.L. 162/2019 (dunque, oltre il 13 agosto 2021), che venga immediatamente restituita efficacia ai permessi di prospezione e di ricerca vigenti e sospesi.
Ora, se il motivo dello stralcio dell art.20 al Dl milleproroghe è di legittimità giuridica, come mai i Ministri non lo sapevano? E quindi non hanno pensato di presentsre un art. per rinviare il PiTESAI, visto che pare essere in alto mare? Mistero. Ora la palla passa al Parlamento e lo possono fare ora i parlamentari di Camera e Senato. Restiamo fiduciosi nella presentazione e poi votazione a favore.
Una cosa è certa restano pochi mesi, 7, prima che il ritorno delle trivelle diventi effettivo.
Va fatta però una precisazione, perchè la normativa italiana prevede tre tipologie di titoli minerari:
- Permessi di prospezione: sono titoli minerari non esclusivi finalizzati allo studio generale di vaste aree di territorio; il titolo ha un periodo di vigenza di un anno e consente esclusivamente l’acquisizione di dati geologici e geofisici.
- Permessi di ricerca: sono titoli minerari esclusivi che possono essere richiesti su aree con un’estensione massima di 750 km2; la stessa area può essere richiesta da più operatori petroliferi in regime di concorrenza. Nel permesso di ricerca, oltre all’acquisizione di dati geofisici, è possibile effettuare uno o più pozzi esplorativi e, nel caso il pozzo esplorativo dia esito positivo, e venga quindi individuato un nuovo giacimento, l’operatore può presentare un’istanza di concessione di coltivazione che, una volta conferita, consente la messa in produzione del giacimento stesso.
- Concessioni di coltivazione: sono titoli minerari esclusivi, richiesti su una porzione di area del permesso di ricerca in cui è stato rinvenuto un nuovo giacimento. Nell’ambito di una concessione di coltivazione possono essere svolte tutte le attività inerenti la produzione di idrocarburi come ad esempio la realizzazione di pozzi di sviluppo e di centrali di raccolta e trattamento.
Allo stato attuale, la moratoria indicata dal comma 8 dell’art.11 ter del Dl 138/2018, così come modificato dalla Legge 8/2020, interessa i procedimenti sospesi ai sensi del comma 4 e 6, cioè i nuovi permessi di prospezione o di ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi e quelli già in essere, sia per aree in terraferma che in mare. Pertanto le concessioni di coltivazione sia in essere che pendenti non sono interessate dalla moratoria relativa al comma 8, infatti ne sono escluse ai sensi del comma 5 e da punto 1 comma 4, anche se fino all’adozione del PiTESAI, non è consentita la presentazione di nuove istanze di conferimento di concessioni di coltivazione.
Per amore di verità, se le concessioni sia di ricerca/prospezione che di coltivazione dovessero rientrare nel piano, le trivelle ripartono: il piano diventa uno strumento pericoloso perchè una concessione all’interno di un’area in cui, per il PiTESAI, è consentito lo svolgimento delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, difficilmente potrà trovare opposizione da parte di cittadini, Ong ed Enti Locali e competenti.
Di fatto al Ministero dello Sviluppo Economico sono pendenti ben 84 richieste di ricerca, molte in fase avanzata: ossia manca solo la firma del Ministero per far scattare le trivelle.
In campo ci sono colossi come Eni e aziende europee, dalla North Petroleum alla Rockhopper, che hanno richieste pendenti di nuove ricerche che valgono miliardi di euro.
In mare le richieste pendenti sono 24 e tutte concentrate tra l’Adriatico e il Canale di Sicilia: accanto Pantelleria, vicino a zone considerate la «nursery» del Mediterraneo perché qui vengono a riprodursi i pesci, potrebbe arrivare un permesso di ricerca per ben 345 chilometri quadrati. Tra le zone più a rischio trivelle c’è quella che dallo Jonio sale su per l’Adriatico: almeno 5 grosse richieste di ricerca riguardano il mare davanti le coste pugliesi. Ma le mire dei petrolieri non risparmiano nessuno: le trivelle sono pronte a scattare in Basilicata e in Abruzzo, davanti le coste calabresi, e poi più in sù, in Emilia-Romagna. E pazienza che recenti studi abbiano fatto notare il possibile legame tra trivelle su terraferma e sismi. E pazienza se il futuro dell’economia europea (e mondiale) è il Green deal, se le fonti di energia rinnovabile potrebbero essere la chiave di volta del rilancio dell’Italia.
Da Parlamentare europea, membro degli European Greens, non mancherò di denunciare alla Commissione Eu ogni ritardo verso l’abbandono delle fonti fossili. Ma ricordo anche che su forte pressione del parlamento i 209 mld per l’Italia legati al Recovery Fund sono vincolati per almeno il 30% al Green New Deal, che il Just Transition Fund (JTF) non può finanziare fonti fossili, che col FESR l’Italia può finanziare le infrastrutture del gas ma solo per lo 0.2% e fino al 2025.
*Legge 11 febbraio 2019, n. 12 (mise.gov.it)
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