Comunicati Stampa
Il fondo UE di solidarietà per l’Emilia-romagna serva alla prevenzione
L’alluvione che ha colpito l’Emilia-Romagna ci ricorda ancora una volta che il cambiamento climatico è una realtà con cui bisogna fare i conti. Chi lo nega, come purtroppo avviene tra le fila della maggioranza di governo in Italia, non fa altro che ritardare le azioni necessarie per fermarlo. Gettando le basi per nuovi disastri e nuove vittime.
Ecco perché bisogna agire, e farlo subito. Guardando al lungo termine, bisogna rallentare il più possibile il riscaldamento climatico. Ma su questo punto tornerò più avanti. L’emergenza in Emilia-Romagna richiede interventi tempestivi per la messa in sicurezza dei territori alluvionati, e per la ripartenza.
In questo, l’Italia può far leva sul Fondo europeo di solidarietà. Il governo Meloni lo sa, ma sembra per il momento interessato più a chi farà il commissario straordinario alla ricostruzione, invece che a dare un quadro chiaro della situazione e a trovare le risorse.
Il governo si dia una svegliata, e produca il prima possibile una stima provvisoria dei danni. Allo stesso tempo, attivi il Fondo europeo di solidarietà. Si tratta di un fondo che conosco bene: nel 2020, da relatrice per il Parlamento europeo, mi sono occupata della sua riforma. E sono riuscita a ottenere una serie di modifiche che possono aiutare l’Emilia-Romagna a evitare il più possibile danni e vittime davanti a futuri disastri naturali.
Vedete, il cambiamento climatico vuol dire che gli eventi estremi oggi sono più frequenti di quanto non lo fossero in passato. Ecco perché mai come oggi, la prevenzione è diventata così fondamentale. I territori alluvionati non vanno solo ricostruiti, ma resi più resilienti alle catastrofi. E il nuovo Fondo di solidarietà, grazie ai nostri emendamenti, prevede proprio un utilizzo delle risorse Ue rivolto alla prevenzione.
L’Emilia-Romagna può essere un modello in tal senso. E lo può e deve essere anche nella battaglia per fermare il riscaldamento globale. Purtroppo i leader politici di questa regione, finora, hanno intrapreso un’altra strada: no alla nuova direttiva Ue per migliorare la qualità dell’aria (“bloccherebbe industrie e trasporti”); no al regolamento sulle auto alimentate con i fossili (“ucciderebbe la Ferrari”); no alla riduzione dei pesticidi e alla stretta sugli allevamenti intensivi (“manderebbe in crisi l’agroalimentare”). C’è sempre una buona ragione per dire no. Il problema è che poi, alla lunga, c’è chi piange la morte dei propri cari o la chiusura della propria azienda. Proprio a causa di questi no.
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